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Salviamo il pianeta Terra e non solo

A inizio marzo, mentre ci accingevamo a leggere l’Economia della ciambella di Kate Raworth (Edizioni Ambiente), è iniziato il lockdown ed è stato ben presto chiaro che nulla sarebbe stato più come prima.

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La combinazione di questi due eventi concomitanti, ci ha spinti a ragionare su quali fossero gli scenari ambientali, economici e sociali della società in cui viviamo, per provare a immaginare quali azioni vadano intraprese per cambiare lo stato delle cose.

Nasce da qui l’idea di calare nella situazione italiana la rappresentazione della Ciambella, uno spazio confortevole in cui vivere, compresso tra i vincoli ambientali (il tetto) e il soddisfacimento dei bisogni vitali, economici e sociali (la base), senza dimenticare il trend demografico, con i processi migratori e di urbanizzazione che porta con sé.

Un concetto diverso di economia che mette al centro l’uomo e il suo habitat, anziché i mercati e che propone un modello di sviluppo sostenibile in contrapposizione con la crescita lineare della produzione e del reddito.

Dall’avvio della rivoluzione industriale l’uomo ha interferito sempre di più con l’ambiente, tanto che alcuni scienziati hanno coniato il termine di antropocene, per identificare i cambiamenti (talvolta irreversibili) che in un periodo brevissimo, se paragonato alle ere geologiche, l’attività umana sta generando in termini di distruzione di capitale naturale. Disponiamo di una sola Terra, ma ci comportiamo come se ne avessimo a disposizione 1,6, vivendo al di sopra delle possibilità di rigenerazione delle risorse naturali, con importanti differenze tra le diverse aree territoriali del pianeta.

Le emissioni di anidride carbonica stanno provocando un innalzamento delle temperature che generano a loro volta una serie di effetti a cascata: lo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai montani, l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, la desertificazione dei terreni, la salinizzazione delle coste, la perdita di biodiversità marina e terrestre che riguarda sia la fauna che la flora.

La risposta non può che essere globale e le Nazioni Unite organizzano da anni le Conferenze tra le parti (Cop), che talvolta hanno raggiunto importanti risultati, come nel caso del contenimento del buco dell’ozono, ma che molto spesso devono arrendersi agli egoismi nazionali, come è accaduto per il ritiro degli Stati Uniti (il Paese che più inquina al mondo) dagli accordi di Parigi sul clima, una decisione scellerata presa dal presidente uscente che ora, speriamo, venga riconsiderata al più presto da quello eletto.

Anche l’Italia deve fare la sua parte, intervenendo sugli aspetti più critici che la caratterizzano, come le emissioni di inquinanti, il consumo di suolo, il dissesto idrogeologico, il ciclo dell’acqua e dei rifiuti, la riconversione urbana, la tutela della biodiversità.

Se da un lato si deve proteggere la salute della Terra dall’azione distruttiva dell’uomo, dall’altro bisogna intervenire per consentire alla maggior parte delle persone di vivere nel miglior modo possibile.

La base sociale è costituita da un insieme di livelli minimi di sussistenza che devono essere garantiti a ciascun individuo, in accordo con quanto previsto dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La rappresentazione della base sociale della Ciambella tiene conto della disponibilità di cibo e acqua, salute, istruzione, reddito, equità sociale, fabbisogno energetico, infrastrutture materiali e immateriali, abitazione, parità di genere, diritto di espressione, pace e giustizia.

L’Italia, pur essendo tra i Paesi più sviluppati al mondo, registra molti ritardi ingiustificati, concentrati maggiormente nel Mezzogiorno e tra alcune categorie di persone, che non consentono a tutti di vivere nello spazio confortevole della Ciambella.

Il tasso di abbandono scolastico italiano è superiore alla media europea e un quarto dei giovani compresi tra i 15 e i 34 anni non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione (Neet), con percentuali maggiori tra le donne (28%) e i ragazzi del Sud (36%). Basso è anche il numero dei laureati Stem (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica), senza contare che sempre più di frequente l’investimento in capitale umano viene vanificato dalla scelta, quasi obbligata, di andare a svolgere la professione all’estero. La pandemia ha acuito la carenza di personale sanitario specializzato, anche per lo scarso ricambio generazionale degli anni passati.

In Italia la disuguaglianza economica è cresciuta nel tempo e spesso deriva da una disparità di opportunità, tra cui il livello di istruzione, che limita la mobilità sociale intergenerazionale. A questo si aggiunge il divario nord-sud sempre più accentuato e la disparità di genere, che sconta le insufficienti politiche di supporto alla partecipazione delle donne al mondo del lavoro.

Le differenze sono destinate ad accentuarsi con la pandemia generata dal coronavirus, che ha messo in evidenza la precarietà di molte attività, la fragilità delle infrastrutture, le barriere di accesso per le fasce sociali più deboli alla didattica a distanza o allo smart working.

Una volta superata questa seconda ondata di contagi occorrerà procedere spediti verso una nuova normalità, che non può essere un ritorno al passato, perché la società nel frattempo è cambiata e il tetto ambientale rischia di “crollarci addosso”.

L’Unione europea ha deciso di fare la sua parte e sta stanziando ingenti risorse per il Piano di rilancio e resilienza che assegna all’Italia circa 81 miliardi di sussidi e 127 miliardi di prestiti. Per utilizzarli al meglio c’è, però, bisogno di scelte coraggiose, oltre a migliorare la capacità di progettare e impegnare i finanziamenti ricevuti.

Il cruscotto di indicatori, immagini, grafici e tabelle che abbiamo raccolto per descrivere la Ciambella italiana, rappresenta una base di partenza per offrire da un lato spunti di riflessione per una maggiore consapevolezza collettiva e dall’altro un contributo per agevolare la transizione nella direzione dello sviluppo sostenibile e inclusivo.



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Consumo di suolo a Roma

L’Europa e le Nazioni Unite chiedono ai paesi di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, di allineare il consumo di suolo alla crescita demografica reale e di non aumentare il degrado del territorio entro il 2030.

Il consumo di suolo è l’incremento della copertura artificiale di una superficie originariamente agricola, naturale o semi-naturale ed è quindi definito come la variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato).

In Europa le superfici artificiali coprono il 4,2% del territorio (Istat, 2015). L’Italia si  colloca al 6° posto della graduatoria con il 6,9% di superfici coperte con quasi 3 punti percentuali sopra la media europea ma se espressa in termini di metri quadri pro capite l’Italia si colloca al 18° posto.

Tra le città italiane Roma è la seconda città, dopo Genova, che presenta il 75,5 % di suolo non consumato ma è anche la città con un consumo di suolo più alto tra le principali città italiane, presenta infatti il maggior numero di ettari di consumo di suolo. Continua a leggere



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PIANO LED un danno economico per ROMA

E’ almeno dal 1 gennaio del 1998 che Acea è affidataria in concessione “dei beni demaniali costituiti dalle strutture di illuminazione pubblica che costituiscono il presupposto tecnico impiantistico (…) necessario per la gestione del servizio di illuminazione pubblica“. Il contratto di servizio che ACEA ha stipulato con il Comune di Roma (nel lontano 2007 giunta Veltroni viene affidato fino al 2015 ad ACEA l’illuminazione pubblica ed artistica monumentale, poi con Alemanno viene ritoccato con scadenza fino al 2027 e infine con Marino viene integrato con il piano LED). Nei contratti di servizio che disciplinano i periodi 2005-2015 e 2011-2017 è espressamente indicato che il canone copre sia l’energia elettrica sia la manutenzione ordinaria e straordinaria secondo fattispecie ben definite. Fino al 2014 ACEA ha ricevuto un canone onnicomprensivo da destinare anche alla manutenzione straordinaria dell’illuminazione pubblica romana. Con il piano LED introdotto dal 2011, con le delibere n° 130 e 197, nel Contratto di servizio con ACEA si hanno importanti novità, ma tutte onerose per i cittadini romani.

  1. In primo luogo nel piano Led infatti la manutenzione straordinaria viene scorporata dal canone e finanziata a parte per 10 milioni di euro annui nel 2016 e 2017, ridotta a 8,5 milioni di euro nel 2015 e viene stanziato e introitato solo in base ai lavori concordati ed effettivamente eseguiti. Con lo scorporo della manutenzione straordinaria del canone, Acea riesce, in generale, inizialmente ad aumentare sensibilmente le risorse a disposizione;  e una volta a regime il piano Led riesce a ridurre l’impatto del risparmio che ne deriva.

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Verde pubblico nei municipi romani

Per combattere l’inquinamento cittadino il verde pubblico costituisce un patrimonio comune irrinunciabile per la salute e la qualità della vita dell’intera popolazione romana e il patrimonio verde deve essere, dunque, tutelato e sviluppato per concorrere al miglioramento della vivibilità urbana. Secondo l’Istat Roma ha effettuato soltanto il Censimento del verde urbano nel 2011, non ha nè un piano nè un regolamento del verde urbano. La densità delle aree naturali protette a Roma nel 2012 è 31,8% della superficie comunale. La densità del verde urbano a Roma nel 2012 è il 3,6% della superficie comunale. La disponibilità di verde urbano a Roma nel 2012  è di 16,5 metri quadrati per abitante (43 milioni di metri quadrati). Il dipartimento della tutela ambientale di Roma Capitale (tavola 1) ha certificato nel 2014 una estensione di verde pubblico e parchi urbani di 40 milioni di metri quadrati di verde totale. Il Comune ha contratto di fatto il verde urbano. E non ha fatto nulla per rimediare. Continua a leggere

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Mobilità e Trasporti pubblici nei municipi romani

La mobilità efficiente è una priorità da soddisfare in un contesto particolarmente complesso come quello delle città metropolitane italiane. Conoscere i dati di traffico, i dati sullo spostamento dei cittadini è la base per poter pianificare un piano di azione concreto per una mobilità sostenibile urbana.

Con l’ausilio degli open data Istat si è potuto evidenziare lo spostamento giornaliero della popolazione residente romana nei municipi romani secondo l’ultimo censimento Istat del 2011. In pratica più di un milione e duecentomila abitanti si spostano al giorno, in particolare il quartiere San Giovanni del municipio VII presenta il numero più alto di residenti pendolari con 143 mila individui. Sono soltanto 55 mila i residente che invece escono dal Comune di Roma. Il numero maggiore di residenti che giornalmente si spostano fuori Roma è in particolare localizzato nelle zone di San Giovanni e nel Municipio X Ostia/Acilia. Quasi la metà della popolazione residente a Roma non si sposta durante la giornata ma resta nel luogo di residenza. Continua a leggere

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La struttura dell’economia romana

Secondo l’ultimo censimento Istat del 2011 a Roma ci sono un milione di occupati, 700 mila pensionati, più di 200 mila casalinghe, quasi 175 mila studenti, 78 mila cercano un’occupazione e 147 mila sono lavoratori autonomi di cui (tavola 1), come emerge dagli open data Roma, 137.882 esercenti sono commercianti e 9.600 esercenti sono nel settore turistico delle strutture ricettive. In complesso la forza lavoro romana è quasi il 50% della popolazione residente. Un altro milione di cittadini romani rappresentano invece le NON forze di lavoro (studenti, pensionati, disoccupati e casalinghi/e). Gli stranieri residenti a Roma sono 224 mila nel 2011 con una alta concentrazione (più di 29 mila residenti) nel centro storico del primo municipio e nel sesto municipio Roma delle Torri. I bambini con età inferiore ai 5 anni sono invece 120 mila. Continua a leggere

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I modesti effetti degli 80 euro in busta paga

articolo pubblicato su economiaepolitica.it

Il bonus fiscale di 80 euro mensili, che ha rappresentato uno slogan comunicativo di grande impatto mediatico, corrisponde a un importo massimo di 640 euro per il 2014 ed è riservato ai lavoratori dipendenti e assimilati che hanno un reddito da lavoro dipendente fino a 26.000 euro[1]. Il decreto legge 66/2014 che lo ha istituito ha suscitato alcune perplessità che andrebbero approfondite[2].

In Italia, il sistema di tassazione è di tipo individuale e non dipende dal reddito percepito dai diversi componenti del nucleo familiare. Ciò significa che a parità di composizione e di reddito complessivo familiare, con il bonus calcolato sul reddito individuale si creano condizioni di disparità tra famiglie monoreddito con figli a carico che non ricevono alcun beneficio dalla manovra governativa e famiglie, magari con più redditi e senza figli, che percepiranno più bonus. Continua a leggere

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Misurare il male per combatterlo: mi adeguo; ma misuriamo anche il bene!

pubblicato su 

L’Istat ha diffuso una nota sul cambiamento del sistema dei conti nazionali per effetto dell’adozione del Sistema dei conti nazionali (Sec),  con il passaggio ad una nuova versione delle regole di contabilità (ovvero la transizione dalla versione 1995 a quella 2010 del Sec).

La notizia ha dato molto scalpore ed è comprensibile perché all’interno della misura per la prima volta sono incluse novità importanti e gli effetti che da queste  derivano sulle principali grandezze macro economiche.

In particolare riguarda l’inserimento nei  conti nazionali delle attività illegali, che già il Sec95 aveva previsto, in ottemperanza al principio secondo il quale  le stime devono essere esaustive, cioè comprendere tutte le attività che producono reddito, indipendentemente dal loro status giuridico”. Continua a leggere

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Smart city: manca la volontà o la capacità politica per realizzarla?

Vi è un interesse diffuso per le Smart City/Community nella scena internazionale degli ultimi anni. Nel quadro europeo disegnato da Horizon 2020 le città hanno un ruolo speciale: sono concepite come una rete di ecosistemi in grado di ovviare con soluzioni concrete ai grandi problemi dell’uomo e dell’ambiente. Le città rivestono un ruolo importante anche nell’implementazione della Strategia Europa 2020 e delle sue sette iniziative faro[1]. Se consideriamo i concetti di crescita intelligente, verde e crescita inclusiva è evidente come le città siano al centro di molti processi di sviluppo. Con la Strategia di Lisbona (2000) e con la Strategia Europa 2020[2]  (2010) si amplifica sempre di più l’interesse sulla città smart. Ma come è definita la città intelligente o comunemente detta smart city? Continua a leggere



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Una Europa di squilibri economici non può essere una Europa solidale

pubblicato su 

Il dibattito sulle critiche rivolte dal Dipartimento del Tesoro degli Usa, dal FMI e dalla BCE al surplus commerciale della Germania e alle sue ricadute negative sull’economia globale ma soprattutto all’interno dell’area Euro, suggerisce un’analisi più approfondita del profilo macroeconomico dei principali Paesi Europei.

Nella Contabilità Nazionale si considera l’uguaglianza in un determinato lasso di tempo tra PIL e importazioni da un lato e consumi privati, consumi pubblici, investimenti fissi lordi ed esportazioni dall’altro come evidenzia l’espressione seguente:

PIL + IMP = C + G + I + EXP

dove a sinistra sono rappresentate le risorse di un paese, cioè la formazione del PIL (approccio del valore aggiunto), mentre a destra dell’espressione abbiamo la destinazione economica delle risorse o semplicemente impieghi del PIL (approccio della spesa). Continua a leggere

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