Il debito della Regione Lazio e i suoi interessi

La Regione Lazio da anni è stata gestita senza avere una visione di crescita strutturale per il benessere dei suoi cittadini. Uno degli indicatori chiave che dimostra questo malessere è la composizione del debito cresciuta in maniera costante nel corso degli anni, ma in misura crescente a partire dal 2007 (+163% figura 1) quando cioè il “buco” sanitario è iniziato ad emergere in tutta la sua gravità[1]. Questa eredità, che ci costa milioni e milioni di euro di interessi passivi  è la chiave di lettura da cui si deve partire per un cambiamento serio nella gestione politica e amministrativa di questa Regione.

La Regione Lazio ha sottoscritto il Piano di Rientro dal debito del disavanzo sanitario in data 28 febbraio 2007. A luglio del 2008, sussistendone le condizioni previste dalla richiamata normativa, la Regione Lazio è stata commissariata in ambito sanitario. Persistendo un disavanzo di esercizio consolidato del servizio sanitario per la Regione Lazio, è prevista l’applicazione in automatico, e per tutta la durata del Piano di Rientro (Rendiconto 2016), delle aliquote massime di riferimento per l’IRAP (interamente collegata alla sanità) e l’addizionale IRPEF (collegata anche al ripiano in 30 anni dell’anticipazione statale da 10 miliardi ricevuta dal Lazio nel 2013 per pagare i vecchi debiti commerciali). CHE SIGNIFICA? CHE I CITTADINI LAZIALI CON IL PROPRIO REDDITO E LE IMPRESE LAZIALI CON IL PROPRIO FATTURATO PAGANO E PAGHERANNO IL DEBITO CONTRATTO.

Nella figura seguente è evidenziato lo stock del debito della Regione Lazio alla data del 31 dicembre 2016.

Fonte: elaborazione dati sui rendiconti della Regione Lazio, anni vari.


Dal 15 maggio 2000 al 2 maggio 2005 la Regione Lazio è stata governata da Francesco Storace (centro-destra,VII legislatura). Sono gli anni in cui, attraverso operazioni di “finanza creativa”, si viene a creare il debito della sanità, in buona parte scoperto solo successivamente.

Tavola 1 – Stock del debito della Regione Lazio*

Fonte: elaborazioni sui rendiconti della Regione Lazio, anni vari. *A partire dal 2013 la stima del debito è secondo il decreto 118 del 2011 basata sui debiti da finanziamento e da funzionamento..

Con l’armonizzazione contabile  i debiti di funzionamento sono iscritti nello stato patrimoniale se corrispondenti a obbligazioni giuridicamente perfezionate. I debiti di finanziamento sono costituiti dalla somma algebrica del debito all’inizio dell’esercizio più i prestiti contratti nell’esercizio, al netto dei pagamenti per rimborso di prestiti. I debiti di finanziamento includono le anticipazioni di liquidità contratte[2].
Al 31 dicembre 2016 il debito da finanziamento della Regione Lazio ha raggiunto i 21,3 miliardi di euro ai quali vanno aggiunti i debiti verso fornitori per 339 milioni di euro, livello ancora elevato nonostante sia stata introdotta la fatturazione elettronica, obbligatoria per tutte le pubbliche amministrazioni a partire dal 31 marzo 2015.

Nei 5 anni del mandato Zingaretti l’ammontare di quota capitale ammortizzata ammonta a quasi 2,5 miliardi di euro e il costo del denaro preso in prestito in termini di quota di interessi  (valore attuale dei flussi di cassa attesi) è stato di 1,4 miliardi di euro. Di quasi 4 miliardi di euro è risultata quindi la spesa per il debito della Regione Lazio; in 5 anni risorse sotratte come sempre all’economia reale. Per estinguere il debito finanziario contratto in mutui e prestiti, che ammonta nel 2017 a 12,6 miliardi di euro, ci vogliono, secondo la stima fatta dall’osservatorio del debito, 29 anni. Questo è ciò che è stato ereditato in tanti anni di mala gestione politica e amministrativa di una Regione che per le sue potenzialità potrebbe essere una delle più virtuose d’Italia.

Tavola 2 – Incremento e livello del debito della Regione Lazio, anni 2013-2017

Fonte: elaborazioni sui rendiconti della Regione Lazio, anni vari OPEN DATA LAZIO (*2017 dato provvisorio) e OSSERVATORIO DEBITO

Torniamo tutti alla cruda e triste realtà, mettiamoci tutti a lavorare affinchè si inverta questa tendenza insostenibile di sottrazione di risorse finanziarie alla vita reale dei cittadini[3].

Il livello del debito regionale si attesta sui 27 miliardi di euro (21,3 miliardi è il debito finanziario quasi il doppio di quelli presenti alla fine del 2012) come viene certificato nel rendiconto 2016, di questo ammontare possiamo capire che, in tutta la sua composizione, non riusciamo a pagare i fornitori, 339 milioni di euro, ciò significa che chi lavora per la Regione Lazio non riesce a sostenere finanziariamente la propria azienda e quindi a sua volta deve chiedere prestiti alle banche, con ulteriori oneri finanziari, che diventano dei costi insostenibilit per la stessa impresa, quindi facciamo fallire un tessuto produttivo per l’incapacità amministrativa.

Altri 9 miliardi di debiti ce li ritroviamo a partire[4] dal 2014 per una serie di riconoscimenti di debiti fuori bilancio con un incremento di 5,5 miliardi in parte contratti presso il MEF per anticipazionui di liquidità ovvero 4,7 miliardi sono registrati come debiti contratti  verso le altre amministrazioni pubbliche[5] ma alla fine, in sostanza, sono pur sempre DEBITI riconosciuti che graveranno sulle generazioni future dei cittadini Laziali[6].

Per evitare la crescita dei debiti un altro importante aspetto da affrontare tempestivamente è l’aspetto legato alla fase di riscossione delle entrate che presentano problemi seri. Nel 2016 il 6,8% delle entrate laziali resta ancora da riscuotere (1,6 miliardi di euro). Risorse finanzarie che inevitabilmente impattano sulla gestione virtuosa di una sana amministrazione.

E’ inutile riconcorrersi in promesse elettorali quando il quadro ereditato in questa regione è di una gravità inaudita. Poi non dobbiamo stupirci se il 50% degli elettori indecisi sono nauseati da questa mala gestione che vivono sulla propria pelle quando i servizi primari sono inefficienti e improduttivi.

NOTE
[1] Il debito regionale prima dell’armonizzazione contabile era definito come il saldo tra le attività finanziarie (residui attivi finali e cassa finale); le attività patrimoniali (disponibili e indisponibili); le passività finanziarie (residui passivi finali) e le passività patrimoniali (mutui e prestiti obbligazionari, residui perenti, residui passivi eliminati). Prima dell’armonizzazione contabile l’enorme mole di residui (attivi e passivi) accumulati nel tempo dagli enti locali hanno causato uno scollamento crescente tra la gestione di cassa e quella di competenza. La crisi di liquidità, dovuta anche al ritardo nei trasferimenti da parte dello Stato agli enti locali, ha generato a sua volta la necessità di ricorrere all’anticipazione di Tesoreria con ingenti costi finanziari, risorse che finiscono nel circuito finanziario anziché essere utilizzate per l’economia reale.
[2] Ai sensi del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35 e del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66.
[3] Ad esempio ricordiamoci dei debiti fuori bilancio scoperti con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze circa l’ammontare totale del debito al 31/12/2012 riferito al TPL e le relative modalità di copertura, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del D.L. 15 ottobre 2015, n. 120, tenuto conto che la Regione Lazio non aveva più a disposizione le risorse afferenti al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2007-2013, in quanto già utilizzate per la copertura dei debiti sanitari ai sensi dell’articolo 2, comma 90, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
[4] Nel corso dell’anno 2015, contestualmente alle operazioni di riaccertamento dei residui, è stata effettuata una ricognizione finalizzata alla riconciliazione delle partite creditorie e debitorie che risultano nei documenti contabili del Consiglio regionale e della Regione Lazio. La ricognizione è stata operata congiuntamente dai competenti uffici della Giunta e del Consiglio. E’ da rilevare che la riconciliazione tra le partite in argomento è stata sollecitata più volte dalla Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per il Lazio.
[5] In attuazione degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito in legge n. 64/2013, sono stati sottoscritti dei contratti di prestito con il Ministero dell’Economia e delle Finanze a titolo di anticipazioni di liquidità finalizzate a far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili. Nel 2014, le erogazioni di anticipazioni di liquidità sono state complessivamente pari a 4.916,8 milioni di euro. L’articolo 3 della l.r. n. 12/2014 dispone l’autorizzazione per la Regione ad accedere alle operazioni di rinegoziazione del debito regionale, avente come controparte la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., per i mutui sottoscritti con oneri di rimborso a totale carico della Regione e con le modalità e i criteri stabiliti dalla medesima CDP. Rispetto ai quattro prestiti contratti con CDP, per i quali il debito ammonta a complessivi 3.2 miliardi di euro, le disposizioni sopra richiamate consentiranno alla Regione, attraverso un apposito accordo, di beneficiare nel triennio 2015-2017 di minori oneri finanziari per un totale di 182,5 milioni di euro e di 21,4 milioni di euro l’anno a decorrere dal 2018, per merito degli attuali nuovi tassi di interesse più vantaggiosi. Il punto verrà esaustivamente trattato in seguito, nella sezione di questa relazione dedicata all’indebitamento ed agli strumenti finanziari derivati (Rendiconto 2016).
[6] Non dimentichiamoci della gestione dei derivati altro rischio che incombe sui cittadini regionali laziali. Nel 2014 il Governo ha predisposto un quadro normativo con l’obiettivo di ridurre il peso degli oneri finanziari ed il debito delle Pubbliche Amministrazioni, in valore assoluto, semplificando la struttura del portafoglio di debito regionale con l’obbligo di destinare i minori esborsi di spesa “al pagamento delle rate di ammortamento delle anticipazioni contratte”, ai sensi del D.L. n. 35/2013 e del D.L. n. 66/2014. L’importo del mutuo è stato pari al valore dei titoli riacquistati al netto del valore di estinzione dei derivati. I titoli della Regione Lazio coinvolti nell’operazione, codificati BF01D e BF04D, erano di importo complessivamente pari a 1.050 milioni di euro. La prima fase dell’operazione, terminata a dicembre 2015 con l’acquisto dell’80,2% dei titoli, ha consentito alla Regione di realizzare un risparmio di spesa di 45,8 milioni di euro annui sino al 2028 con il passaggio dalla cedola del BOR del 5,695% al tasso del mutuo MEF (codice Osservatorio MF27) del 2,26% e con l’allungamento dei tempi di rimborso dal 2028 al 2045. Il MEF ha finanziato l’operazione con l’erogazione di un mutuo trentennale di importo pari ai titoli estinti (208 milioni di euro) al tasso del 2,20% (codice Osservatorio MF29). L’esborso annuo si è ridotto di ulteriori 12,7 milioni, portando complessivamente i minori esborsi annuali a 58,5 l’anno
con il passaggio dalla cedola del BOR del 5,695% al tasso dei mutui MEF (2,26% e 2,20%) e con l’allungamento dei tempi di rimborso dal 2028 al 2045/2046. L’operazione ha necessariamente incluso la chiusura dei derivati con sottostante le obbligazioni riacquistate e quindi estinte; le valutazioni di natura finanziaria sono state effettuate da Lazio Innova, società in house della Regione Lazio con la supervisione del MEF che ha assicurato il riconoscimento del valore equo per la chiusura delle operazioni derivate. Il valore di mercato positivo delle operazioni derivate (pari complessivamente a 262,8 milioni di euro) è stato, come richiesto dalla normativa, utilizzato per finanziare il riacquisto dei titoli. Nel 2016 si dà avvio all’operazione SANIM per 89 milioni di euro del canone annuale (capitale più interessi). Si è conclusa invece nel febbraio del 2017 l’operazione di ristrutturazione del debito di San.Im Spa con la cancellazione di titoli estremamente onerosi, avviata dalla Regione Lazio in collaborazione con il MEF. Attraverso l’emissione di un titolo obbligazionario regionale sono stati riacquistati i titoli collocati nell’ambito dell’operazione San.Im rinegoziando il debito e sbloccando il patrimonio immobiliare sanitario. L’operazione finanziaria sui 16 ospedali porta benefici complessivi per 184 milioni di euro.

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