Il prezzo dell’energia collegato alle emissioni di CO2

 

Il prezzo delle quote di emissioni di CO2?

Si conosce poco del prezzo della CO2 collegato alle quote di emissione di gas a effetto serra ma è semplicemente una forma di tassazione ambientale, in base al principio di proporzionalità e di corrispettività secondo cui “chi inquina, più paga“. Ma spesso chi inquina è costretto a farlo inconsapevolmente perchè il monopolio energetico è in mano a pochi che decidono le sorti di tutti.

In Europa ci siamo dati ambiziosi obiettivi per ottenere la neutralità climatica entro il 2050, con l’obiettivo intermedio di riduzione netta delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Nell’ambito del pacchetto legislativo Fit for 55*  si propone di rivedere diversi atti legislativi dell’UE in materia di clima con riduzioni annuali vincolanti (Italia -33 % e -43,7 %) delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri, tra cui l’ETS dell’UE, il regolamento sulla condivisione degli sforzi dal 29% al 40% entro il 2030 rispetto al 2005 (nei settori dei trasporti, edilizia, agricoltura e rifiuti), la legislazione sui trasporti e sull’uso del territorio (-35.758 kt di CO2 equivalente al 2030), definendo in termini reali le modalità con cui la Commissione intende raggiungere gli obiettivi climatici dell’UE nell’ambito del Green Deal europeo. Con la revisione del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS), la Commissione europea propone di estendere lo scambio di quote di emissione ai settori dell’edilizia e del trasporto su strada, agricoltura e rifiuti (l’efficienza energetica degli edifici, la decarbonizzazione del riscaldamento e del raffreddamento degli edifici, compresa l’integrazione dell’energia da fonti rinnovabili, e la concessione di un migliore accesso alla mobilità e ai trasporti a basse e a zero emissioni). Per raggiungere il 55 % di riduzione delle emissioni per il 2030 si prevede un aumento della spesa delle famiglie legata all’energia di circa 0,7-0,8 punti percentuali (al netto della ridistribuzione dei proventi delle aste) e 0,4-0,7 punti percentuali di spesa per investimenti nell’edilizia abitativa. Le emissioni di questi settori non saranno coperte dall’attuale EU-ETS, ma da un nuovo sistema separato di scambio di quote di emissione. Le emissioni di questi settori non saranno coperte dall’attuale EU-ETS, ma da un nuovo sistema separato di scambio di quote di emissione. Per far fronte agli eventuali impatti sociali derivanti da questo nuovo sistema, la Commissione propone di introdurre il Fondo sociale per il clima finanziato con dotazione finanziaria per il periodo 2025-2032 per 72,2 miliardi di EUR a prezzi correnti con entrate derivanti dallo scambio di quote di emissioni per l’edilizia e il trasporto su strada (Italia dotazione massima di 7,8 miliardi di euro) per accompagnare i cittadini (sostegno temporaneo diretto al reddito per le famiglie vulnerabili) alla transizione energetica.

Il Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (European Union Emissions Trading System – EU ETS) è uno strumento del pacchetto UE per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 secondo l’accordo COP 21 (Conferenza di Parigi sul clima del 2015 (legalmente vincolante); a partire dal 2021, con la revisione dell’European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS) nella quarta fase di obbligo (2021-2030), il volume totale di emissioni si riduce annualmente in percentuale del 2,2% anziché dell’1,74%, in termini quantitativi di 556 milioni di tonnellate di CO2eq tra il 2020 e il 2030 nei principali settori industriali e nel comparto dell’aviazione. La riduzione annua corrispondente al fattore di riduzione lineare è di 43.003.515 di quote.

Gli Stati membri mettono all’asta le quote su una determinata piattaforma sotto forma di contratti elettronici standardizzati negoziati a termine ordinari (futures) o assistiti (forwards), le quote messe all’asta sono nella forma di STRUMENTI FINANZIARI (ulteriori speculazioni che arricchiscono pochi a danno dei più deboli del mondo).

COME FUNZIONA IL MECCANISMO EU-ETS?

Il meccanismo EU-ETS fissa al momento un tetto massimo complessivo alle emissioni consentite sul territorio europeo nei settori industriale/aereo, a cui corrisponde un equivalente numero di “quote” (1 ton di CO2eq. = 1 quota) che possono:

  • essere acquistate/vendute su un apposito mercato,
  • le quote sono vendute tramite asta, ma possono anche essere assegnate gratuitamente[1];
  • le quote gratuite mirano a mitigare il rischio di rilocalizzazione delle emissioni, indipendentemente dal metodo di allocazione,
  • il quantitativo complessivo di quote disponibili per gli operatori (c.d. CAP) diminuisce nel tempo imponendo di fatto una riduzione delle emissioni di gas serra nei settori EU-ETS.
Il volume complessivo di gas serra che possono essere emessi da centrali elettriche, stabilimenti industriali e settore aeronautico coperti dal sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS) è limitato da un “CAP” al numero di quote di emissione. Entro tale limite, le aziende ricevono o acquistano quote di emissione, che possono scambiare secondo necessità. Il tetto diminuisce ogni anno, assicurando che le emissioni totali in Europa diminuiscano.

Il quantitativo delle quote da collocare all’asta e’ determinato con decisione della Commissione europea. In Europa per il 2013 il quantitativo comunitario assoluto di quote di cui all’articolo 9 della direttiva 2003/87/CE ammontava a 1.926.876.368; tale massimale a livello dell’Unione per il 2021 degli impianti fissi è sceso a 1.571.583.007 quote. L’EU ETS, in tutta Europa, interessa oltre 11.000 impianti industriali e circa 600 operatori aerei. Il numero di quote dell’aviazione da rilasciare nel 2021 è di circa 24,5 milioni, di cui circa 20,7 milioni da emettere gratuitamente e circa 3,8 milioni da mettere all’asta.

In Europa i 27 paesi membri hanno emesso nel 2020 2,6 miliardi di tonnellate di CO2 e la commissione europea ha stabilito nel 2021 un miliardo e 600 milioni di quote di emissioni da rilasciare nell’ambito del sistema di scambio e tale importo va ridotto di 556 milioni di tonnellate di CO2eq tra il 2020 e il 2030 nei principali settori industriali e nel comparto dell’aviazione. Nel 2030 dobbiamo raggiungere la cifra di un miliardo di tonnellate di CO2eq, ogni sforamento avrà un costo per chi lo determina ed impatterà anche sull’economia reale.

COSA STA FACENDO L’ITALIA?

L’Italia nel 2020 ha emesso 304 milioni di tonnellate di CO2, di questa cifra, si è impegnata insieme agli altri Stati membri, a ridurre le emissioni del 2,2% ogni anno, per raggiungere i 249 milioni di tonnellate nel 2030. Per fare questo ha elaborato un Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 che determina il totale delle quote di emissione e le relative modalità di assegnazione.

In passato per il periodo 2008-2012 sono state assegnate il numero di quote complessivo, a livello di settore e a livello di impianto pari a 201,63 MtCO2/anno (milioni di tonnellate di CO2 equivalente).

La Corte dei Conti Europea nella relazione speciale nell’assegnazione gratuita di quote per le imprese ritiene che l’assegnazione gratuita al settore dell’energia elettrica non abbia incentivato la decarbonizzazione e raccomanda la Commissione di procedere ad un’assegnazione più mirata delle quote gratuite (l’anidride carbonica emessa bruciando combustibili fossili principalmente carbone, petrolio e gas sono la causa dei cambiamenti climatici su scala globale, cioè stanno provocando il riscaldamento dell’atmosfera).

Il Ministero competente ha disciplinato più di 1.200 soggetti nel 2013 che hanno coperto circa il 40% delle emissioni di gas serra nazionali, nel 2021 il numero di soggetti e dei relativi impianti esistenti per la quarta fase dell’EU ETS è salito a 2.462 e il quantitativo di quote emesse a titolo gratuito è stato di 85.465 stabilito per gli anni 2021–2025.

La contabilità delle compensazioni è tenuta attraverso il Registro Unico dell’Unione mentre il controllo su scadenze e rispetto delle regole del meccanismo è affidato alle Autorità Nazionali Competenti (ANC); il meccanismo di trading delle quote di emissione dei gas-serra ha previsto l’istituzione di registri nazionali (Regolamento europeo 2216/2004) gestiti dagli Stati Membri; In Italia il Registro nazionale è gestito da ISPRA e serve a tenere traccia del rilascio, possesso, trasferimento, restituzione e cancellazione delle quote.

Il responsabile del collocamento (Auctioneer) sulla piattaforma centralizzata a livello europeo delle quote italiane di emissioni è il Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A. ai sensi del d.lgs. 30/3013 (art.27) e successive modifiche all’art. 6 e 23 del d.lgs. 9 giugno 2020, n. 47.

QUALI CONSEGUENZE SI AVRANNO PER FAMIGLIE E IMPRESE?

Con gl’impegni assunti alla Cop26 di Glasgow, secondo i quali i prezzi dei permessi all’emissione di CO2 avranno un ruolo chiave per la transizione verde, se non si agisce:

  • in interventi strutturali di decarbonizzazione e di efficientamento energetico nei settori industriali più energivore e dell’intero settore industriale italiano
  • nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di questi settori

si avrà un impatto in termini economici su imprese in primis e su famiglie poi attraverso un ulteriore aumento dei prezzi energetici (ma questi aumenti saranno strutturali e sempre più alti) secondo cui “chi inquina, più paga“.

Il prezzo dei permessi sulle emissioni di CO2 ha raggiunto un picco storico a 75,04 euro per tonnellata: 250% di aumento rispetto allo scorso anno e 300% rispetto a due anni fa, il prezzo tende quindi ad aumentare per incentivare la transizione verde (vediamola come una sorta di onere dell’imposta sulle emissioni), il problema è che se oggi non si fa il passaggio alla transizione energetica un domani si pagherà il doppio sia per i costi energetici che per i prezzi legati alle quote di CO2.

Eppure l’insieme dei proventi generati dalle aste di EUA (EUA+ EUA A) a partire dal 2012 ha fornito risorse finanziarie all’Italia per quasi 6,3 miliardi di euro (tav.7 e tav.8) per 605 milioni di quote emesse per il periodo che va dal 2012 al 2020, di questa cifra la metà avrebbe dovuto finanziare interventi di decarbonizzazione[2].

Tavola 1 – Quote EAU – EAU-A, prezzo medio, ricavi e proventi trasferiti a Tesoreria dello Stato, anni 2012-2020Fonte: GSE

Bisogna tener conto degli effetti degli obiettivi di riduzione della CO2 sulla nostra economia, se non si interviene immediatamente con investimenti strutturali sulla decarbonizzazione e fattivamente con l’efficientamento energetico nei principali settori industriali e nel comparto dell’aviazione, le conseguenze saranno insostenibili per le piccole imprese e per le famiglie più vulnerabili.

Bisogna agire immediatamente sull’uso delle rinnovabili come ha dichiarato l’esperta di crisi da cambiamenti climatici Elisa Palazzi a Presa Diretta con la possibilità di incrementare i crescenti investimenti sullo stoccaggio dell’energia da esse prodotta[3].

Le generazioni presenti sono arrabbiate perché le scelte non fatte oggi spostano, come di consueto, gli oneri sulle generazioni future.

I ritardi, le omissioni, le incapacità, le emergenze, la non volontà della politica di oggi annunciano effetti economicamente e socialmente dolorosi in futuro.

*Le proposte legislative riguardano: l’applicazione dello scambio di quote di emissione a nuovi settori e il rafforzamento dell’attuale sistema di scambio di quote di emissione dell’UE; un aumento dell’uso dell’energie rinnovabili; una maggiore efficienza energetica; una più rapida diffusione dei modi di trasporto a basse emissioni e delle infrastrutture e dei combustibili necessari a tal fine; l’allineamento delle politiche fiscali con gli obiettivi del Green Deal europeo; misure per prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio; e strumenti per preservare e potenziare la capacità dei nostri pozzi naturali di assorbimento del carbonio.

Note

[1] Con la Decisione UE 2015/1814 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 ottobre 2015, modifica la direttiva 2003/87/CE, è stata istituita una riserva stabilizzatrice del mercato delle quote di emissione di gas ad effetto serra. L’eccedenza di quote ammontava a circa 2 miliardi di quote all’inizio della fase 3 ed è aumentata ulteriormente a oltre 2,1 miliardi nel 2013, in gran parte dovuta alla crisi economica, ha portato a prezzi del carbonio più bassi e quindi a un incentivo più debole alla riduzione delle emissioni. Per regolare il mercato delle quote è stato introdotto il “backload” per riequilibrare l’offerta e la domanda a breve termine e ridurre la volatilità dei prezzi senza impatti significativi sulla competitività. Infatti nel 2015 è stato ridotto il numero di quote di emissioni nel sistema di scambio dell’UE (ETS) a circa 1,78 miliardi come conseguenza del back-loading. Ogni anno la Commissione pubblica entro il 15 maggio il numero totale di quote in circolazione.

[2] Nell’audizione dell’Arera (memoria n°50/2022/I/COM) si evince che 3.64 miliardi di euro di proventi sono stati destinati a copertura dell’aumento dei prezzi dell’energia, per ridurre l’impatto del caro energia su famiglie (rafforzando i clienti vulnerabili) e le piccole imprese. Abbiamo sacrificato una grande opportunità rispetto a quanto disposto nel Dl 199/21 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

[3] “Dal 1990 gli scienzati producono rapporti sulle conseguenze dei cambiamenti climatici e da 30 anni il messaggio di fondo diffuso è sempre lo stesso se le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera dovuto all’uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas continueranno avremmo impatti tali da rendere estremamente difficile gli esseri umani ed ecosistemi ad adattarsi e sempre più in alcune regioni del mondo adattarsi all’impatto dei cambiamenti climatici sarà impossibile” Thomas Stocker, vedi anche gruppo intergovernativo dei cambiamenti climatici. L’anidride carbonica emessa dall’uomo dal settore produttivo costituisce per oltre il 74% di gas a effetto serra emessa bruciando combustibili fossili, poi c’è il metano con il 17% di emissioni di anidride carbonica disperso in atmosfera durante l’estrazione e il trasporto, ma un terzo del metano è prodotto anche dall’allevamento del bestiame in particolare i bovini, poco più del 6% è protossido di azoto emesso durante le attività agricole, e infine un altro 2% è rappresentato da altri gas. Se poi analizziamo le emissioni di CO2 per settore si scopre che circa il 72% (quasi due terzi) è dovuto alla produzione di energia, un quarto di questa energia serve ad alimentare l’industria e la restante parte è divisa più o meno equamente fra l’energia necessaria agli edifici per riscaldamento ed illuminazione e l’energia necessaria ai trasporti per auto e aerei, quasi un quinto dei gas serra proviene dall’agricoltura, allevamento e utilizzo del territorio in genere e il 5% viene dai processi industriali diretti industria chimica e cemento e la restante parte 3% siano gli scarti di attività come lo smaltimento e gestione dei rifiuti.

Fonte dati aste

 

 



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