Per un’Europa diversa bisogna dare un voto diverso

Il 2014 è un anno molto importante in quanto ci saranno a maggio le elezioni  del Parlamento Europeo. Il nostro voto conterà moltissimo in queste elezioni perché noi cittadini saremo determinanti per le politiche della futura Commissione Europea. In un recente dibattito su “l’Europa a Roma, l’Europa nel Lazio” finalizzato in primis a presentare i centri d’informazione “Europe direct“, ma che poi si è rivelato un vero e proprio dibattito politico sul futuro dell’Europa, nel suo intervento Alessandro Giordani (capo del settore stampa della Commissione Europea in Italia) ha sostenuto che “un anno particolare come è questo….le elezioni europee sono uno strumento fondamentale per riappropriarci del tipo di europa che vogliamo“….”la commissione europea in questa fase ha un interesse istituzionale che va oltre  a quello di dire cominciamo a discutere, cominciamo a sentire la pancia non solo la testa delle persone per quel che riguarda l’identità o la non identità tra l’Europa che c’è e l’Europa che vorremmo e l’Europa in cui ci riconosciamo“…..”esiste un meccanismo democratico a partire dal voto di quest’anno a maggio 2014 per riappropriarci e per dare un colore e una forma alle politiche europee”…....”In questi mesi i partiti europei stanno organizzandosi ognuno per candidare alla presidenza di questo embrionico governo europeo, che è la commissione, una faccia un nome e un cognome quindi a fine febbraio in Italia tra l’altro il partito socialista europeo designerà il suo candidato alla presidenza della commissione e quindi quando si andrà a votare un partito politico all’elezioni europee del 25 maggio e sulla scheda si avrà il PD piuttosto che il PDL o scelta civica o nuovo centro destra o forza italia ecc… (gli risultava molto difficile dire movimento cinque stelle con il suo 25% alla Camera e 23% al Senato!!!) so che votando quel partito che appartiene a quella famiglia politica sto contribuendo a fare eleggere a presidente dell’embrionico governo europeo della Commissione Europea, quella faccia piuttosto che quell’altra, quindi c’è una riconoscibilità che non era mai successo prima”….”il colore che uscirà dal Parlamento europeo delle elezioni di maggio 2014 sarà un colore che influenzerà le politiche europee”.

In pratica Giordani in tutto il suo intervento riporta 7 esempi specifici (che ho sintetizzato di seguito) di politiche europee che riflettendo a fondo non sono per niente scontati anzi tutt’altro sono punti importanti dell’attuale dibattito europeo a cui è necessario far riflettere tutti i cittadini.

Parte con la politica commerciale europea  e sottolinea che è il più grande mercato unico del mondo  con 28 paesi e 500 milioni di abitanti che si muovono. La politica commerciale europea è compiutamente sovranazionale….ad esempio tra l’Unione Europea nel suo insieme e gli Stati Uniti d’America si può avere un partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership TTIP); un’affare da 119 miliardi di euro però per negoziare un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti…ci sono le questioni OGM delle carni e degli ormoni. Gli Stati Uniti hanno una concezione del principio di precauzione che è diverso dal nostro. Cosa siamo disposti a rinunciare per questo accordo?

Continua con la libera circolazione delle persone.  Una delle quattro libertà fondamentali su cui si è costruito tutto il mercato unico è la libertà di circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone”.

Dal 1 gennaio di quest’anno la Bulgaria e la Romania possono circolare liberamente non solo in termini di mobilità (che quello già c’era) ma anche in termini di lavoro e di usufruire delle prestazioni dei servizi sociali di tutti i paesi membri. Ci sono alcuni paesi come il Regno Unito che dicono che con la crisi attuale non se la sentono di aprire totalmente a questi paesi. In questo caso si può optare per una politica più sensibile a preservare il mercato unico e quindi sarà la domanda e l’offerta di lavoro in europa a riequilibrare al meglio l’allocazione delle risorse umane oppure si può essere più protezionisti per tutelare il sistema di protezione sociale dei paesi europei. Questi sono temi che saranno gestiti a livello europeo e quindi è importante già da adesso attivarsi ad animare le discussioni su questi importanti temi.

Mette in evidenza la difesa europea abbiamo 28 eserciti separati con un costo enorme per le duplicazioni che ne derivano  pari a circa 200 miliardi di euro all’anno e il modello attuale è ancora quello che si è creato nella seconda guerra mondiale, abbiamo una discrasia enorme tra quello che serve e quello che noi stiamo alimentando con dei costi enormi avendo 28 eserciti diversi….Questa è una questione squisitamente politica e si possono avere due visioni diverse:
1) creare un esercito europeo con cui sia finalmente possibile far fronte alle spese internazionali ed evitare di avere 200 miliardi di euro all’anno di duplicazioni oppure di ridondanza di 28 eserciti;
2) posso pensare che la difesa è il cuore della sovranità nazionale e della sicurezza e che non me la sento in questo momento di delegare ad una identità comune anche la difesa del mio territorio nazionale.
Allora i cittadini possono scegliere per un parlamento europeo che possa influenzare le proposte che trattano il tema di arrivare a un esercito comune europeo o preferisce continuare ad avere 28 eserciti che garantiscono l’identità nazionale? Ovviamente se si vuole toccare il rapporto tra europa e stati nazionali si deve incidere sulla carta fondamentale cioè sui trattati e su questo devono essere convinti i governi nazionali. Allora in questo caso il voto alle elezioni europee serve proprio per sensibilizzare il dibattito e che inciderà sui governi nazionali a portare la politica di difesa ad un livello europeo.

“Cita il trinomio energia-ambiente-sostenibiltà  perché la commissione fino al 2007 ha fatto propria uno degli esempi più ambiziosi di società basata sull’economia verde e sostenibilità, il famoso patto 20-20-20, era quella promessa … di arrivare entro il 2020 ad avere il 20% in meno di emissioni di gas effetto serra, il 20% in più di energie rinnovabili e il 20% in più di efficienza energetica. Addirittura si parla di passare dal 20% al 40% di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030. Ovviamente è una cosa enorme questa ma anche qui ci sono due posizioni politicamente legittime:
1) da un lato si ha la necessità di spingere e di rimanere una delle economie … più ambiziose in termini di economia verde e di sostenibilità ambientale;
2) dall’altro lato si sa che imporre alle  imprese un onere ed un adattamento ai filtri per le emissioni di gas  ecc. addirittura per rispettare il 40%, come propone attualmente la Commissione Europea, si potrebbe mandare fuori mercato alcune imprese perché potrebbero avere costi insostenibili. Magari le imprese europee vedono nel contempo altri paesi che non sono sensibili alle tematiche ambientali e per questo sono più competitive (ad esempio la Cina, ecc). Anche qui la scelta spetta al cittadino con il suo voto, proporre magari anche  un’alternativa cioè una terza opzione.

Parla di un altro tema estremamente discusso che è quello legato agli strumenti integrati di politica estera. Se pensiamo alla gestione del caso Marò, alla gestione dei flussi migratori a Lampedusa, alla politica estera di prospezione dell’Europa come si pone fuori.

Allora le politiche possono essere fatte per optare a fare un accordo di tutta l’Europa con i paesi al sud del mediterraneo, con tutto l’impatto che l’europa in complesso può avere, piuttosto che  l’Italia o il Belgio pattuiscono da soli accordi con le conseguenze che questi possono comportare per gli altri paesi? Se vogliamo concentrarci sulle frontiere o sul pattugliamento o sul controllo ….queste sono tutte scelte politiche a cui ciascun cittadino con il suo voto può dare una linea politica diversa alla Commissione Europea che si formerà.

Il penultimo punto trattato è la concorrenza nel mercato unico europeo costruito attraverso la difesa di una concorrenza non falsata tra le imprese. Uno dei capisaldi di questo principio è che il trattato sancisce un divieto di dare aiuti di Stato alle imprese  perché ciò falsifica la concorrenza. Dentro questo principio c’è la possibilità per la commissione europea di comminare le imprese che hanno ricevuto aiuti e chiedere la restituzione degli aiuti di Stato che hanno ricevuto. Il principio del mercato unico e della competitività industriale richiede che non ci siano aiuti di Stato che falsano la concorrenza. Anche qui le opzioni possono essere:
1) favorire un’europa più solidale a sostegno magari di economie artigianali senza sacrificare posti di lavoro nel breve periodo perché comunque ci sono imprese che hanno bisogno di percepire aiuti di stato;
2) oppure si preferisce una visione della politica della concorrenza più integralista.

Anche su questo punto bisogna creare un parlamento europeo e una commissione europea che siano più o meno sensibili ai due punti citati.

Infine l’ultimo punto è stato il famoso 3% del  fiscal compact che, come ormai noto, gli Stati Europei si impegnano ad avere bilanci pubblici «in equilibrio», che ogni Stato garantisce correzioni automatiche, che la nuova regola deve essere inserita preferibilmente nella legislazione nazionale (la Corte europea di giustizia verificherà che i Paesi che hanno adottato il trattato lo abbiano trasposto nelle leggi nazionali) e che il deficit pubblico dovrà essere mantenuto al di sotto del 3% del Pil, come previsto dal Patto di stabilità e crescita, e in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche.

L’attuale governance economica dell’unione europea ha scritto queste regole nel marmo a detta di Giordani. Oggi è molto difficile convincere la commissione europea che nel calcolo del 3% andrebbero scorporati gli investimenti produttivi mirati a creare occupazione come più volte ha suggerito l’Italia.

Anche qui il cittadino se non si riconosce in questo tipo di europa può optare per un parlamento e una commissione che siano portatori di una visione favorevole alla crescita e quindi che permetta o lo scorporo della golden rule cioè degli investimenti finalizzati a creare lavoro senza contarli nel debito e nel deficit o addirittura l’abolizione del fiscal compact.

Oppure si può essere più puri dalle tentazioni perché in Italia grazie ai politici del passato si è creato un debito pubblico alto e quindi meglio se l’europa ci preservi dai politici corrotti per evitare di fare un ulteriore buco che graverà sulle prossime generazioni. L’austerità è vista come garanzia contro la corruzione e gli sprechi. Diciamo, sostiene Giordani, che le opzioni sono entrambe condivisibili è ovvio che sta alla sensibilità politica di ciascuno di noi cosa chiedere al candidato alle elezioni europee e soprattutto come ci si posiziona su questi temi.

In definitiva noi cittadini cosa siamo pronti a rinunciare per vedere un’Europa diversa?

Forse con le prossime elezioni al parlamento europeo questi temi e altri ancora saranno al centro del dibattito durante la campagna elettorale.

Durante questo dibattito del 15 gennaio si è fatto cenno anche ad altri dibattiti legati alle elezioni europee che si terranno in primavera. Ad esempio è stata citata Latina con i suoi tre incontri:  1) sul rapporto tra rigore e crescita; 2) sulle competenze dell’Unione Europea 3) sul valore aggiunto delle indicazioni dell’Unione Europea.

Allora mi  sono domandata: ma sono veri e propri incontri indipendenti per far riflettere i cittadini in vista delle elezioni europee oppure sono vere e proprie campagne elettorali a costo zero fatte con la partecipazione dell’attuale Commissione Europea?

Il nostro destino è stato già deciso e l’attuale europa ne è l’esempio emblematico. Sta a noi ribaltare le cose. Dobbiamo letteralmente cacciare via tutti coloro che ci hanno messo in queste condizioni e solo con il nostro voto del 25 maggio possiamo sperare in un cambiamento radicale. L’Europa deve essere dei cittadini e non delle lobby di potere. Il Parlamento europeo deve diventare l’organo supremo di democrazia.  E’ necessario che in Europa si dia vita a forme di rappresentanze e poteri legittimati dalla democrazia partecipata.

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