La regola flessibile del debito pubblico

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La recente riforma costituzionale ha sancito l’equilibrio del bilancio strutturale e la sostenibilità del debito pubblico, vincolando la politica economica del governo ai patti di stabilità europei. Tra le nuove regole europee [1] è stato introdotto un indicatore più restrittivo per il rapporto debito/pil; tale indicatore evidenzia la principale criticità dei conti pubblici italiani.

La regola impone al paese membro di assicurare la riduzione ad un ritmo adeguato del rapporto debito/PIL verso la soglia del 60 per cento, e che almeno uno dei seguenti criteri venga rispettato:

  • la prospettiva backward-looking: il tasso di riduzione deve essere pari ad 1/20 all’anno nella media dei tre anni precedenti in vista di un rapporto debito/Pil in eccesso rispetto al valore del 60 per cento.

Rispettare oggi tale regola sarebbe, per l’Italia, insostenibile. L’Italia come emerge nella tavola 1 non rispetta mai la regola del debito con la prospettiva backward-looking, perché calcolata sostanzialmente su dati di consuntivo.  Se avesse voluto rispettare la prospettiva backward-looking , avrebbe dovuto ridurre il debito pubblico di circa 183 miliardi di euro nel 2015 (con una stima provvisoria del Pil nel 2015 di 1.635,4 miliardi);

  • la prospettiva forward-looking considera che nel periodo di tre anni successivi all’ultimo anno per il quale si hanno dati disponibili. La regola è considerata soddisfatta se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà.

Nella tavola 1 emerge che la prospettiva forward-looking è  rispettata proprio grazie ai dati stimati di previsione Le previsioni macroeconomiche, in generale, appaiono sempre incerte in quanto dipendono dal grado di affidabilità e indipendenza del set di previsori ai quali si riferiscono. Nel caso dell’Italia l’errore dipende anche dal verificarsi o meno delle variabili esogene contenute nelle stime dello scenario macroeconomico[2] .
Uno Stato membro non sarà soggetto ad una procedura per disavanzo eccessivo nel caso in cui il superamento del benchmark sia dovuto agli effetti del ciclo economico, principio introdotto in Italia all’interno della legge costituzionale n. 1/2012[3]. Per quanto riguarda la regola del debito, la Commissione Europea non attiverà la procedura Edp nel caso in cui il mancato rispetto di tale regola sia imputabile al contributo versato al Feis[4], data la loro natura una tantum.

Tavola 1 – Aggregati rilevanti utilizzati per la regola del debito, valori in milioni di euro e in percentuale. Anni 2009-2019
tabella regola del debito2

Fonte: Istat-MEF, Nota DEF 2015

L’Italia dovrebbe operare un aggiustamento fiscale il cosiddetto Minumum Linear Structural Adjustment – Mlsa per convergere verso il benchmark del debito tenendo conto che: 1) l’aggiustamento strutturale annuo non deve scostarsi di più dello 0,25 per cento del Pil dall’aggiustamento strutturale minimo richiesto; 2) in qualsiasi momento durante il periodo di transizione, il restante aggiustamento strutturale annuo non deve superare lo 0,75 per cento del Pil.
Alla luce di un’accurata analisi, la Commissione europea ha concluso di non dover considerare come significativo lo sforamento rispetto all’aggiustamento richiesto dalla regola del debito da parte dell’Italia per il 2015 e non ha proceduto all’apertura della Procedura per Disavanzi Eccessivi.
Affinché si possa monitorare fedelmente i dati di finanza pubblica, è necessario che le previsioni fornite dal Governo rispecchino il più esattamente possibile la realtà, anche in considerazione di quanto prescritto dalla Commissione Europea in applicazione del trattato Tscg[5]. Spesso, tuttavia, l’accuratezza delle previsioni del Mef può essere negativamente influenzata dalle continue revisioni al rialzo del rapporto debito/Pil, quindi troppo tardi per porvi rimedio. Una riduzione vera del debito pubblico basata più sui dati di consuntivo può essere sicuramente più credibile di quella basata sui dati di previsione anche perché da quando è stata introdotta la regola del debito si è stranamente sempre rispettata la prospettiva forward-looking.
Nel 2015 – fortunatamente – la crescita del PIL è stata maggiore di quella prevista nel Def di aprile 2015 ma ciò è stato legato soltanto al fatto che continuano a permanere circostanze eccezionalmente favorevoli all’Italia quali le variabili esogene (la svalutazione dell’euro e il basso prezzo del petrolio) ovvero quelle non imputabili alle scelte di politica economica del governo.

Note:
[1] Regolamento del Consiglio Europeo n. 1177  dell’8 novembre 2011 che modifica il regolamento n. 1467 del 7 luglio 1997 sulle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi.
[2] Le previsioni  macroeconomiche validate dall’UPB, anni  t e t+1 in autunno, anni  t, t+1,…, t+3 in primavera, sono all’interno dell’intervallo di consenso, quindi non si può più dire che siano sistematicamente ottimistiche; un problema invece resta solo per  gli anni t+2, t+3 relative alle previsioni  in autunno, le quali non sono soggette a validazione.
[3] In Italia la legge costituzionale n. 1/2012 ha recepito il Trattato introducendo “l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”.
[4] Gli Investimenti Strategici (FEIS), sono da considerarsi una misura una tantum, pertanto, essi non  incidono sul raggiungimento dell’Obiettivo di Medio Periodo (MTO).
[5] Il principio 4 della comunicazione della  commissione sui principi comuni per i meccanismi nazionali di correzione di bilancio, comprende cinque sotto-principi uno dei quali recita: i meccanismi di correzione dovrebbero servire a offrire elementi critici di stabilità nel quadro di bilancio, per impedire che si verifichi la “sindrome dell’obiettivo mobile” tipicamente associata alle risposte date a scostamenti di bilancio.

 

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