Forse un barlume di speranza per la Sanità della Regione Lazio

pubblicato su Lazio5stelle.it 

a cura di Monica Montella e Tiziana Chiriaco*

La sanità pubblica è in gran parte di competenza nazionale, la Comunità Europea ha un ruolo sussidiario rispetto all’azione degli Stati membri, ruolo che consiste essenzialmente nel sostenere i loro sforzi e nell’aiutarli nella formulazione e nell’attuazione di obiettivi e strategie coordinate. La definizione delle politiche nazionali in materia di sanità resta tuttavia una competenza esclusiva degli Stati membri. L’azione dell’UE non include pertanto la definizione delle politiche sanitarie, né l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. Ma con Europa 2020 si rafforza il principio che i sistemi sanitari devono garantire la parità di accesso alle cure sanitarie attraverso equità nel finanziamento (in base alla capacità contributiva) e in accesso alle cure (secondo il bisogno e non sulla base della capacità finanziaria). Questi principi devono essere alla base di tutti i nostri ragionamenti
sulla sanità pubblica per garantire un carattere  redistribuivo dai ricchi ai poveri e dal sano al malato. I valori generali di universalità, accesso a un’assistenza di qualità, equità e solidarietà sono ampiamente accettati e condivisi in tutta Europa. Ma un concetto fondamentale che ha sottolineato il Consiglio Europeo è la necessità di rendere i sistemi sanitari finanziariamente sostenibili in modo da salvaguardare in futuro gli stessi servizi e le stesse risorse per contribuire allo sviluppo sostenibile e per garantire una solidarietà intergenerazionale.

I costi sanitari dell’UE sono finanziati  con risorse pubbliche (nel 2011 nei 27 paesi dell’UE il 78% della spesa sanitaria è pubblica mentre il 22% è privata), ciò solleva il problema della economicità e della sostenibilità finanziaria a lungo termine. In un contesto di domanda crescente e con risorse limitate, fornendo l’accesso universale alle cure di alta qualità, garantendo nel contempo la sostenibilità dei sistemi sanitari, è richiesto un’aumento dell’efficacia nella spesa sanitaria.

Tale spesa costituisce una parte rilevante e crescente del PIL,  la quota della spesa sanitaria totale (pubblica e privata)  in percentuale del PIL è nel 2011 pari al 9,4% per i paesi UE 27 . Il settore pubblico svolge un ruolo importante nel finanziamento dell’assistenza sanitaria: la maggioranza degli Stati membri finanziano attraverso il settore pubblico la spesa sanitaria. Secondo il report Ageing 2012 che analizza l’effetto di invecchiamento ma anche i fattori non demografici sullo sviluppo previsto della spesa sanitaria, ha previsto che da ora fino al 2060, un ulteriore aumento della quota di spesa della sanità pubblica sul PIL  aumenterà di 1,1 punti percentuali tra il 2010 e il 2060.

Un obiettivo chiave richiesto dall’UE è garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, anche in una prospettiva di lungo periodo. Sostenibilità fiscale si riferisce alla capacità di continuare oggi e in futuro con politiche attuali (senza ulteriori cambiamenti in materia di servizi pubblici e fiscalità) e senza causare un aumento del debito pubblico in percentuale sul PIL (la regola del debito).

La necessità di aumentare l’efficienza e l’economicità dei sistemi sanitari in un contesto di domanda crescente e risorse limitate, fornendo a livello universale l’accesso alle cure di alta qualità, garantendo nel contempo la sostenibilità dei sistemi sanitari, richiede maggiore qualità della spesa sanitaria.

In quest’ottica i portavoce del Movimento cinque stelle del Lazio hanno lavorato incisivamente attraverso la richiesta di un consiglio regionale straordinario dedicato alla sanità, il primo in assoluto in questa legislatura fortemente voluto per individuare modalità efficaci per fornire assistenza, al fine di consentire il raggiungimento di una migliore e più efficiente sanità nella Regione Lazio con risultati che mirano ad una più razionale gestione delle risorse.

Nel lavoro di preparazione di base delle risoluzioni hanno partecipato tutti i cittadini della regione attraverso un laboratorio di cittadinanza attiva, composto da oltre 70 fra medici, infermieri, tecnici ed esperti del settore che hanno lavorato concretamente con contenuti e proposte. Sono state scritte online e in maniera partecipata tutte le risoluzioni presentate per il consiglio straordinario del 19 novembre 2013.

Sulla base di un’attenta analisi delle denunce pervenute ai consiglieri e degli input arrivati dai cittadini le risoluzioni hanno riguardato una molteplicità di argomenti tra i quali le procedure di nomina dei direttori generali, sull’ intramoenia e sulle commissioni paritetiche delle asl, sul sistema di accreditamento dei privati convenzionati, sulle commissioni per le gare di appalto, sulle consulenze, sull’utilizzo del personale precario, sulla riorganizzazione territoriale (casa della salute), sugli indici di performances delle strutture sanitarie, sulle graduatorie ASL e sulle liste di attesa, sul ricettario regionale e sulla centrale unica d’acquisto, sulla sanità elettronica e la telemedicina, sulla trasparenza.

Le mozioni presentate al consiglio straordinario sulla sanità dagli altri gruppi politici hanno evidenziato una scarsa conoscenza delle problematiche del settore sanitario proprio nella prospettiva di come riorganizzare in maniera più efficiente il sistema sanitario regionale. Sono stati suggeriti accorpamenti delle ASL in maniera generica, la riapertura di Pronto Soccorso, formazione di gruppi e organismi di riforma, blocco della nomina dei direttori generali, liberalizzazione degli accreditamenti…insomma un vero caos scritto da chi non ha una chiara idea di quali sono i veri problemi sanitari emergenti nella regione.

Ma vediamo in pratica, con esempi concreti, quali sono le possibili soluzioni ai problemi della sanità laziale.

Se si parte dalla punta dell’iceberg e cioè dal sovraffollamento dei pronto soccorso, dal precariato dei lavoratori del settore privato, dalla riduzione drastica del personale pubblico e dalla mancanza di assistenza domiciliare sufficiente, notiamo che per tutti questi problemi c’è una chiave di lettura unica “l’inefficiente sistema organizzativo del sistema sanitario regionale laziale“. Se con  esempio pratico analizziamo le cadute domestiche notiamo che le maggiori cause degli accessi in Pronto Soccorso  sono causati da un insufficiente assistenza domiciliare (ADI). La prima valutazione multidimensionale fatta dal medico, infermiere, o assistente sociale e fisioterapista, prevede l’analisi dell’abitazione dell’anziano o non autosufficiente per valutare il rischio di cadute domestiche. In assenza di tale meccanismo di sorveglianza, possono aumentare le cadute degli anziani in ambiente domestico con la conseguenza di fratture di femore e di ricoveri che tolgono forza lavoro e strutture disponibili alle vere urgenze sanitarie. Infatti se un’ambulanza è impegnata al trasporto del paziente che ha subito un incidente domestico, viene sottratta alle vere cause di urgenze come potrebbero essere un ictus o infarto. La proposta di risoluzione sul problema dell’afflusso in pronto soccorso presentata al consiglio straordinario dagli altri schieramenti politici non risolve il problema citato con l’apertura di altri Pronto Soccorso. Come si è già analizzato in un’altra analisi, l’80% degli accessi in pronto soccorso accedono con codice verde, ciò significa che i pazienti avrebbero trovato assistenza alternativa anche in un ambulatorio o da un medico di medicina territoriale con orari di apertura più ampi (questo rappresenta il concetto base delle Case della salute). Inoltre se si potessero vincolare i reparti ad effettuare le dimissione al primo mattino, in modo tale da tenere liberi i posti letto per quando arriva il maggior flusso di pazienti in Pronto Soccorso, di solito nel primo pomeriggio si potrebbe avere una maggiore efficienza del servizio. L’inefficienza del turn over dei pazienti in pronto soccorso è causato proprio dall’assenza dell’analisi  delle ore di massimo afflusso e delle ore di dimissione dei pazienti.

C’è inoltre un forte squilibrio di offerta sanitaria laziale a livello territoriale. Nella ASL di Rieti ad esempio non ci sono né reparti di pronto soccorso né DEA di II livello, mentre nella Roma E ci sono molte strutture sia pubbliche che private eccellenti. Il tempo ottimale di arrivo in un pronto soccorso per le situazioni urgenti è mediamente di circa 20 minuti. Per ottimizzare l’assistenza, bisognerebbe comunque garantire almeno un centro come le case della salute per la gestione dei codici verdi in maniera capillare su tutto il territorio regionale.

Una soluzione pratica ed efficiente potrebbe essere la pubblicazione da parte dell’ufficio di pianificazione strategica della Regione Lazio dei percorsi diagnostici-terapeutici ed assistenziali per tutte le patologie divise per comune e municipio, in modo tale da utilizzare le strutture sanitarie sia private accreditate e sia pubbliche in pari modo. Questa tipo di analisi eviterebbe duplicazioni di prestazioni in alcuni punti di Roma ed assoluta mancanza di assistenza in zone isolate della provincia laziale. Una volta definiti i percorsi per garantire pari assistenza a tutti i cittadini laziali, sarà più facile e condivisibile in una seconda fase operare l’accorpamento delle ASL.

C’è da considerare inoltre che se si realizzerà la e-health cioè la sanità elettronica ci sarà la dematerializzazione di tanti atti e quindi uno snellimento delle attività amministrative delle ASL, con riduzione della necessità di personale amministrativo.

Al pari della riduzione dell’assistenza sanitaria laziale, un’altro problema che è emerso è l’assenza di mobilità degli operatori tra le strutture private accreditate, determinando criticità dell’assunzione e del pagamento dei lavoratori di queste strutture. Il problema dovrebbe essere affrontato dalla Regione Lazio come è stato fatto per la chiusura dell’INRCA, dove i lavoratori dell’ente dismesso sono stati assorbiti nelle ASL (pubbliche). Bisognerebbe vincolare le strutture che vengono ampliate ad assorbire personale licenziato da altre strutture che invece sono ridimensionate, estendendo alle strutture private il regolamento 49 del 2011.

Infine c’è la responsabilità da parte della regione di sorvegliare sull’attività sanitaria anche privata perché un eventuale liberalizzazione selvaggia,  senza  rispondere a standard oggettivi di qualità, potrebbe essere pericolosissima.

Non avere il Direttore Generale, come è stato proposto in alcune mozioni da altri schieramenti politici, vuol dire non avere un atto aziendale, il che significa persistenza della vecchia organizzazione sanitaria, come reparti senza letti e senza medici. In assenza di un Direttore nessuno prende decisioni perché nessuno ha l’incarico e la responsabilità per farlo. Forse in questa fase di riorganizzazione del sistema sanitario regionale sarebbe meglio optare per nomine di Direttori Generali di breve periodo (ad esempio per un massimo di 2 anni) invece di 4 anni,  questo significa dare abbastanza tempo al Commissario per riorganizzare il numero e le dimensioni delle ASL regionali laziali. Non dimentichiamo i costi aggiuntivi che scaturiscono dalla nomina dei Direttori Generali per 4 anni come da contratto e se per fini organizzativi si dovrebbero rimuovere le nomine l’ente è costretto ad elargire una indennità stratosferica. Quindi l’opzione di un mandato di 2 anni può essere ottimale per dare vita ad una riorganizzazione che potesse prevedere la riduzione delle unità operative complesse ed incarichi inutili.

La Cabina di Regia (e non inventiamoci altre commissioni da creare ad hoc con costi aggiuntivi) dovrà riorganizzare il sistema dell’emergenza, sia mediante trasporto ai DEA di riferimento in maniera più distribuita (ad esempio il San Camillo non può essere il DEA di mezza regione laziale) e sia organizzando ambulanze medicalizzate (con medico a bordo) e accesso agli eliporti, potenziamento di ospedali nelle provincie strategiche per garantire lo stesso tempo di trasporto fino all’assistenza per tutti i cittadini della regione.

Roma capitale ha una concentrazione di assistenza sanitaria maggiore rispetto alle altre città del lazio. Per ovviare a questo problema le opzioni potrebbero essere o chiudere le strutture ed aprirle in centri dove c’è carenza di servizi, con riassorbimento del personale, oppure rendere alcuni ospedali romani centri di riferimento con vie di accesso preferenziali per le zone della regione più carenti, creando anche strutture di ospitalità protetta per i familiari dei malati.

Per riorganizzare l’assistenza sul territorio bisognerebbe valutare la mappa dell’emergenza, per riorganizzare la rete delle attività sanitarie in elezione (programmate) ed ambulatori specialistici, in base ai livelli di assistenza e distribuendoli nella regione in maniera proporzionale al numero di abitanti.

In sintonia la Cabina di Regia o l’ufficio di programmazione sanitaria regionale potrebbero emanare i PERCORSI, creando delle commissioni interne per ogni percorso con un referente per ogni ASL e struttura sanitaria, utilizzando un periodo limitato (3 mesi) per pubblicare i percorsi per ogni comune o municipio laziale. Definiti i percorsi, si potrebbero sapere quali strutture potenziare e quali potrebbero risultare ridondanti. I percorsi devono andare dai primi esami diagnostici a tutto il percorso riabilitativo dopo eventuali interventi.

Per il potenziamento dell’assistenza territoriale di base, con l’obbligo di assistenza dei medici di medicina generale, bisogna optare per un orario diurno mediante le unità di cure primarie con trasformazione delle strutture  (se non sono state reputate importanti)  in case della salute con all’interno la guardia medica di almeno 12  o 24 ore a seconda della popolazione residente sul territorio e mediante strutture di rsa e lungodegenza.

Bisognerebbe potenziare l’assistenza domiciliare con integrazione socio sanitaria per evitare sprechi di personale, con recepimento della legge 328 nazionale, in maniera più intelligente ed efficiente rispetto a quanto proposto in commissione.

Il potenziamento dell’assistenza territoriale e dell’assistenza domiciliare verranno raggiunti grazie al risparmio ottenuto con il chiedere all’Ares 118 quali sono le patologie che necessitano di assistenza urgente come ictus, infarto, emorragia, dissezione, traumi gravi, e con la mappa regionale dei tempi di trasporto fino ai centri di cura secondo l’organizzazione attuale; dopo aver realizzato la mappa dell’emergenza, bisognerebbe organizzare la rete delle attività sanitarie in elezione (programmate) ed ambulatori specialistici, in base ai livelli di assistenza e distribuendoli nella regione Lazio in maniera proporzionale al numero di abitanti e con l’attivazione della sanità elettronica, con cui bloccheremo tutte le prestazioni non appropriate, e soprattutto controlleremo la spesa farmaceutica.

Il Consiglio regionale del Lazio durante il consiglio straordinario sulla sanità ha approvato la risoluzione 36 che riguarda la promozione di tutte le iniziative in grado di implementare i servizi di sanità digitale (nel contempo è stata presentata anche la proposta di legge di attuazione di iniziative di e-health nella Regione Lazio)  e la risoluzione 37 che impegna il presidente della Regione Lazio e tutta la Giunta  a promuovere azioni e iniziative necessarie “al raggiungimento della uniformità procedurale e della conformità normativa per lo svolgimento dell’attività libero professionale intramuraria all’interno delle ASL e delle aziende ospedaliere” del Lazio.  E’ stata inoltre approvata la risoluzione numero 40, che chiede al presidente e alla Giunta regionale di emettere provvedimenti per favorire la trasparenza di ASL, aziende ospedaliere e Irccs del Lazio, in base alle leggi vigenti.

Nella ripresa dei lavori d’aula il consiglio regionale del Lazio ha respinto con motivazioni assolutamente ingiustificate una importantissima risoluzione promossa dal M5S che aveva l’obiettivo di istituire una commissione di inchiesta sui casi di malasanità nella Regione Lazio per le innumerevoli denunce apportate dai cittadini laziali . Ma purtroppo è stata respinta con giustificazioni pretestuose e strumentali.

Molto c’è ancora da fare per raggiungere gli obiettivi di Europa 2020, ma un piccolo barlume di speranza si evince per la sanità della Regione Lazio grazie al lavoro concreto e costante dei consiglieri portavoce del M5S. Questo non rappresenta uno slogan politico ma la constatazione concreta dell’attività svolta da un movimento di cittadini  a favore dei cittadini.

[1]*Monica Montella referente pro tempore tavolo sanità e Tiziana Chiriaco cardiologa e attivista M5S

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http://www.monicamontella.it/

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